Per una volta arriva una buona notizia da Roma. Anzi, le buone notizie sembrano essere addirittura due e ad annunciarle, a margine del Consiglio provinciale di ieri, è proprio il presidente Alberto Pacher.
La prima riguarda la convocazione del tavolo tecnico tra dirigenti del Ministero degli Affari regionali e della Provincia per riprendere la trattativa riguardante la revisione dell'Accordo di Milano.
La seconda che i soldi che mancheranno ai comuni arriveranno dalla provincia che ha un risparmio verso lo Stato.
Per domani sono convocati nell'ufficio del ministro Graziano Delrio il segretario generale della Provincia Ivano Dalmonego, il dirigente del Dipartimento Affari istituzionali Fabio Scalet e quello del Dipartimento Affari finanziari Fulvia Deanesi.
Toccherà a loro avviare i colloqui a livello tecnico con i dirigenti del Ministero, base del necessario accordo politico con il governo che dovrà sancire i nuovi criteri di partecipazione del Trentino al risanamento dei conti pubblici.
A chiedere di rivedere i rapporti finanziari tra lo Stato e l'Autonomia era stato - alla luce dei provvedimenti del governo Monti - l'allora governatore Lorenzo Dellai ancora nei primi mesi del 2012.
Più volte la Provincia aveva sollecitato Roma a prendere in mano la bozza di aggiornamento del Patto proposta da Trento. Per lunghi mesi, nonostante della questione fosse stato informato anche il Capo dello Stato, non si era mosso nulla. Poi, con l'arrivo del governo Letta, la situazione si è sbloccata. Ma fino all'altro giorno da Roma giungevano soltanto condivisioni «a parole» della proposta trentina, senza per altro concretizzare alcun atto concreto per iniziare la trattativa. «Per questo - commentava ieri mattina Pacher - c'è soddisfazione per la convocazione giunta nelle ultime ore». «La speranza - auspicava il presidente - è che dopo i passaggi politici si riesca ad arrivare alla chiusura del nuovo accordo prima della fine della legislatura».
Il secondo motivo di soddisfazione riguarda la concretizzazione di un «tesoretto» di 36 milioni di euro scaturito dal decreto legge del governo che ha abolito l'Imu.
Da un lato questa taglia nettamente (25 milioni di euro) il gettito che avrebbero dovuto incassare i comuni dall'imposta sulla prima casa, ma dall'altra riduce la somma che la Provincia deve versare allo Stato come differenza tra il gettito Imu 2013 spettante ai Comuni e il gettito dell'Ici che spettava agli stessi prima dell'introduzione dell'Ici. Si trattava di un importa di 50 milioni di euro che ora, a seguito dell'abolizione dell'Imu, scende a circa 25.
Che succederà ora? La Provincia girerà ai Comuni lo «sconto» di circa 25 milioni, rifondendo loro esattamente il mancato introito Imu. Una partita, dunque, che non ha impatti sulla finanza provinciale. «Anzi - aggiunge l'assessore agli enti locali Mauro Gilmozzi - si tratta dell'unica occasione in cui lo Stato non lede la nostra autonomia».
All'interno del cosiddetto decreto «cancella Imu» ci sono poi delle modifiche normative che faranno aumentare il gettito fiscale per lo Stato ma che, non avendo il governo posto la «riserva dell'Erario», genereranno dei flussi positivi anche per la Provincia. La riduzione delle detrazioni Irpef sui premi assicurativi produrrà un entrata per le casse trentine perché rimarranno sul territorio anche i nove decimi del maggior gettito. Secondo le stime dovrebbero essere 4,5 milioni di euro nel 2014, 6,6 milioni nel 2015 e 4,9 milioni dal 2016.
Inoltre, l'aumento delle risorse messe a disposizione per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, si ipotizza un aumento del gettito Iva in provincia per circa 6,7 milioni.
Al contrario, il fatto che il governo abbia deciso la riduzione dal 19% al 15% della cedolare secca sugli affitti a canone concordato provocherà un impatto negativo sulle entrate fiscali provinciali (sempre per effetto sui nove decimi di gettito che rimangono sul territorio). Si tratta, comunque, di una cifra irrisoria pari, secondo i calcoli della Provincia, ad appena 400 mila euro.